Giornata Mondiale dell’Alzheimer, prospettive future di ricerca

set 21, 2022 - neurocare Italia

Giornata Mondiale dell'Alzheimer

Il 21 settembre si celebra la Giornata Mondiale dell’Alzheimer. Sebbene le nostre conoscenze sulle cause dell'Alzheimer rimangano limitate e non sia ancora nota una cura, sono stati proposti diversi interventi per cercare di migliorare la sintomatologia dei pazienti. Tra questi, le tecniche di neuromodulazione stanno mostrando risultati interessanti sia sul piano diagnostico sia nella gestione dei sintomi, intervenendo positivamente sul decadimento cognitivo e sul miglioramento della memoria.

In occasione della ricorrenza, il Professor Simone Rossi, Direttore Scientifico di neurocare group Italy, e il Dottor Klaus Schellhorn, sviluppatore e Managing Director di neuroConn, divisione della neurocare group, condividono gli sviluppi più recenti della ricerca sull’Alzheimer e le prospettive diagnostiche e terapeutiche che arrivano dalle evidenze scientifiche del settore della neuromodulazione.

L’Alzheimer è una malattia, non una condizione fisiologica dell’invecchiamento

Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), la malattia di Alzheimer è la forma più comune di demenza neurodegenerativa e rappresenta la settima causa di morte nel mondo. Le demenze sono patologie che colpiscono la memoria e altre funzioni cognitive e comportamentali, interferendo in modo significativo con lo svolgimento di attività comuni e quotidiane. Sempre secondo l’OMS, sono oltre 55 milioni nel mondo le persone che attualmente convivono con una forma di demenza e le previsioni raggiungono i 78 milioni di persone entro il 2030. In Italia, secondo stime dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), circa 1.100.000 persone soffrono di demenza, di cui il oltre la metà di Alzheimer.

Sebbene l'età sia il più importante fattore di rischio noto per l’Alzheimer, questa malattia non va considerata una manifestazione fisiologica dell'invecchiamento. Attualmente le conoscenze sulle cause scatenanti dell’Alzheimer sono limitate, così come non esiste una cura. Nonostante ciò, nell’ultimo decennio la ricerca scientifica ha compiuto grandi passi avanti, sul piano sia preventivo sia diagnostico.

Come riconoscere l'Alzheimer, i sintomi

La malattia di Alzheimer insorge più frequentemente dopo i 65 anni di età e colpisce più spesso le donne. Come tutte le forme di demenza, l’Alzheimer comporta un progressivo decadimento delle funzioni cognitive, a cominciare dalla memoria. I sintomi generalmente riguardano sia la sfera cognitiva sia quella emotiva e comportamentale.

Chi soffre di Alzheimer riscontra difficoltà nel ragionamento, nella memoria, nelle abilità sociali e di pianificazione. Queste problematiche sono spesso accompagnate da agitazione, ansia, aggressività, depressione, cambiamenti nella personalità e nelle abitudini. Una persona affetta da Alzheimer non riesce a prendersi cura di sé e manifesta difficoltà a ricordare avvenimenti recenti, ad orientarsi nello spazio e nei luoghi, a riconoscere la funzione di oggetti di uso quotidiano, a svolgere compiti complessi e attività di tutti i giorni, come pagare le bollette, vestirsi, cucinare.

Fattori di rischio e prevenzione dell’Alzheimer

Le cause che determinano lo sviluppo dell’Alzheimer sono ancora ignote, ma sono stati identificati alcuni fattori di rischio, tra i quali l’età avanzata, i traumi cranici, le disfunzioni dei vasi sanguigni, la depressione.

La comunità scientifica concorda sul fatto che adottare uno stile di vita sano e prevenire patologie quali diabete, obesità o ipertensione possa svolgere un ruolo importante nel diminuire il rischio di sviluppare l’Alzheimer e altre forme di demenza. Anche prendersi cura del proprio benessere mentale e ricevere un adeguato supporto psicologico nel caso in cui si soffra di depressione è un fattore preventivo.

I progressi della ricerca nel trattamento dell'Alzheimer

Ad oggi non esistono terapie in grado di risolvere la malattia di Alzheimer. «Le uniche strategie farmacologiche disponibili si basano sugli antipsicotici, per il controllo delle allucinazioni e degli stati di agitazione, sugli inibitori dell’acetilcolinesterasi e sulla memantina, che hanno risultati scarsi, transitori, e non sono scevri da importanti effetti collaterali», ricorda il Professor Simone Rossi, docente di Neurofisiologia presso l’Università di Siena e Direttore Scientifico di neurocare group Italy.

Per far fronte all’inefficacia dei trattamenti farmacologici, nell’ultimo decennio si è intensificata la ricerca scientifica sulle opzioni terapeutiche non farmacologiche per il trattamento dell’Alzheimer, in particolare sulle tecniche di neuromodulazione non invasiva come Stimolazione magnetica transcranica (TMS) e Stimolazione elettrica transcranica (tDCS e tACS).

Le tecniche di neuromodulazione nella diagnosi e nel trattamento dell'Alzheimer

Stando alle parole del Dottor Klaus Schellhorn, sviluppatore e Managing Director di neuroConn, divisione del gruppo neurocare AG, si possono identificare tre aree di ricerca principali considerate promettenti per il progresso del trattamento dell'Alzheimer con le tecniche di neuromodulazione.

TMS come strumento diagnostico

Innanzitutto, la ricerca suggerisce che le tecniche di neuromodulazione possano essere utilizzate come strumenti diagnostici.1 In particolare, somministrare la Stimolazione magnetica transcranica (TMS) permetterebbe di studiare il funzionamento di eccitabilità corticale, connettività, plasticità e inibizione, e cioè fondamentali marcatori diagnostici per i disturbi neuropsichiatrici, tra i quali l’Alzheimer.

tDCS e tASC per ridurre i sintomi dell'Alzheimer

Le tecniche di neuromodulazione potrebbero essere impiegate non solo come strumenti diagnostici, ma anche per ridurre la sintomatologia che accompagna l’Alzheimer. Infatti, «esistono diverse evidenze scientifiche e studi di neuroimaging che dimostrano che i sintomi dello stato più precoce dell’Alzheimer, chiamato Mild Cognitive Impairment (MCI), possono essere ridotti grazie alla somministrazione di protocolli di Stimolazione elettrica transcranica (tDCS e tACS)», sostiene Schellhorn.2 In particolare, la tACS in circa 40 sessioni migliorerebbe le prestazioni della memoria,3 mentre la tDCS in circa due settimane di trattamento agirebbe sui circuiti inibitori ed eccitatori, ripristinandoli sia nei pazienti sintomatici sia nei pre-sintomatici.4

La TMS per migliorare la memoria

Infine, anche la Stimolazione magnetica transcranica (TMS) ha dimostrato dei risultati interessanti nella gestone dei sintomi dell'Alzheimer.5 In particolare, «la TMS applicata sulla zona corticale del precuneus, nel lobo parietale, sarebbe in grado di migliorare la memoria episodica a lungo termine», conferma il Professor Rossi.6 Ad ogni modo, conclude Schellhorn, per avere riscontrare se esiste un'efficacia effettiva, gli eventuali protocolli di TMS per il trattamento della sintomatologia dell'Alzheimer andrebbero personalizzati in base al singolo paziente e integrati con la somministrazione di test neuropsicologici per la misurazione e il monitoraggio delle attività cognitive.7

Prospettive future nel trattamento dell'Alzheimer con la neuromodulazione 

Nonostante ad oggi non siano note le cause dell’Alzheimer e non esistano trattamenti efficaci e curativi, le tecniche di neuromodulazione, come TMS,  tDCS, e tACS, si stanno dimostrando ipotesi interessanti. È necessario, concordano Schellhorn e Rossi, proseguire e approfondire ulteriormente la ricerca sulla neuromodulazione non invasiva nel trattamento dell’Alzheimer, in modo rigoroso e organizzato, per valutare un eventuale utilizzo clinico di queste tecniche, sia per effettuare diagnosi anticipate, sia per somministrare protocolli terapeutici che intervengano sulla gestione dei sintomi.

All'ultima conferenza dell’International Congress of Clinical Neurophysiology (ICCN), tenutasi a inizio mese in Svizzera (settembre 2022), i ricercatori hanno potuto dimostrare che le prospettive future per la neuromodulazione sono promettenti in campo preventivo, diagnostico e terapeutico. Anche neurocare group, ricorda infine Schellhorn, è attiva nella ricerca sull’Alzherimer e la neurostimolazione, in quanto è tra i partecipanti dello studio della Volkswagenstiftung, coordinato dalla Prof.ssa Andrea Antal, su un modello di tACS che integra un nuovo sistema di controllo del sangue.8

Fonti
    1. Benussi et al. 2018
    2. Benussi et al. 2021
    3. Santernechi et al. 2022
    4. Santernechi et al. 2020
    5. Menardi et al. 2022
    6. Koch et al. 2018
    7. Lefaucheur et al. 2020
    8. Antal et al. 2022

 

 

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